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Greenwashing: quando il verde è il colore dei soldi, non della natura

Il greenwashing è una pratica commerciale ingannevole in cui un'azienda (ma anche una persona, un ente, un’istituzione…) si presenta come ecologica o impegnata nella sostenibilità, ma in realtà non lo è, non adotta pratiche sostenibili significative e anzi, con questo comportamento falso contribuisce al danneggiamento dell'ambiente.

Abbiamo deciso di parlarne perché il greenwashing è tanto diffuso quanto pericoloso anche nel nostro settore. Confrontarci su questo tema è un buon modo per difenderci e stare alla larga da questa pratica che non ha nulla a che vedere con la protezione dell’ambiente, ma è solo un modo, per chi la utilizza, di trarre vantaggi: migliorare la reputazione, attirare clienti sensibili all'ambiente, creare occasioni commerciali di guadagno.
Greenwashing: quando il verde è il colore dei soldi, non della natura
 

La parola all’esperto: Giovanni Chiarella, Fondatore Futurevox

Per parlarne in maniera chiara e dare delle informazioni utili, senza cadere in accuse e moralismi, abbiamo chiesto aiuto a Giovanni Chiarella, un Imprenditore sociale che si occupa di ambiente.
Chiarella è il fondatore di un’agenzia digitale (Futurevox) specializzata nello sviluppo di strategie di comunicazione per cause sociali, politiche ed ambientali. Realizza campagne a livello europeo, sviluppando community di attivisti, aiutando organizzazioni non profit, movimenti politici e imprese etiche ad aumentare i sostenitori, i donatori, i clienti. Insomma Chiarella, con la sua agenzia, è al fianco di coloro che fanno l’esatto contrario del greenwashing e, sulla concretezza di questi progetti, basa le attività di promozione e visibilità.

Abbiamo chiesto a Giovanni Chiarella alcuni consigli su come riconoscere il greenwashing per evitare di essere ingannati da coloro che lo utilizzano, ma anche per resistere alla tentazione di pratiche apparentemente convenienti ma in realtà effimere e dannose.

Giovanni:Di greenwashing si parla molto ma in maniera poco efficace, limitandosi a puntare il dito. Se ne parla molto perché è una strategia di comunicazione molto diffusa e radicata, sistemica. Le ‘tinteggiature di verde’ partono dai piani alti, dove si decidono procedure, norme e leggi con criteri spesso discutibili e senza chiamare le cose con il loro nome, ma travestendo tutto con un’apparenza di sostenibilità. Si arriva poi via via fino alle realtà più piccole che, nell’onda di questa pratica diffusa, non si fanno troppe remore ad adottare comportamenti che ‘tanto così fanno tutti’. Il risultato è che ci troviamo con tante realtà che, sotto al mantello verde di cui fanno bella mostra, sono nere come il petrolio”.
Perché mentire? È così importante oggi apparire sostenibili anche se non lo si è?
G: Si. Le condizioni dell’ambiente richiedono un impegno reale e le aziende sono incentivate a diventare più sostenibili ad esempio per avere accesso a finanziamenti. Poi c’è tutto il discorso dell’immagine. Anche l’opinione pubblica è ormai sensibile ai temi green e le persone, con le loro scelte commerciali, premiano le aziende sostenibili. Il punto è che non sempre le persone hanno gli strumenti e le competenze per capire chi lo è veramente”.

Come possiamo quindi riconoscere il greenwashing? C’è qualche elemento a cui stare attenti che può essere ritenuto un campanello d’allarme?
G: Non è semplice proprio perché gli interessi sono molti: la sostenibilità consente di avere accesso a fondi e di incrementare i profitti. Ci sono realtà diventate bravissime nell’arte di travestirsi di verde, hanno interi staff che si occupano di celare i comportamenti poco virtuosi per apparire più green. Io stesso, nel mio lavoro, ho incontrato realtà all’apparenza sostenibili e impeccabili che invece erano riuscite a nascondere benissimo i comportamenti poco virtuosi, dentro a bilanci di sostenibilità perfetti”.
 
Greenwashing: quando il verde è il colore dei soldi, non della natura
 

5 consigli per riconoscere il greenwashing

1. Non cercare risposte semplici a problemi complessi
G: Se dovessi dare qualche consiglio partirei proprio dalla complessità di questa faccenda: non cercare risposte semplici a problemi complessi. È un fenomeno complesso e come tale deve essere trattato”.
È importante tenere a mente che non siamo di fronte solo a scelte isolate, ma a pratiche diffuse. Questo non scagiona nessuno dalle sue responsabilità, ma ci aiuta a ricorda che, dietro una singola azione di greenwashing, probabilmente ci sono intere realtà e procedure finte.
2. Scavare: analizzare e cercare i servizi realmente offerti dalle aziende
G: Quando ci imbattiamo in un messaggio di sostenibilità o in una pubblicità che elogia iniziative green di un’azienda, una cosa molto semplice che possiamo fare è informarci su quali prodotti/servizi offre. È sufficiente anche consultarne il sito web per capire facilmente la tipologia di servizio offerto o prodotti commercializzati e quanta sostenibilità effettiva possa esserci”.
Questo tipo di approccio ci aiuta a distinguere tra le campagne di comunicazione realizzate e la vera natura delle aziende, i principi e i valori che ne muovono gli intenti.


3. L’impatto zero non esiste, soprattutto nell’industria
G: Qualunque azione compiuta dall’uomo ha un impatto sull’ambiente, da sempre, tanto più se parliamo di industria, anche agli albori, quando ad esempio si bruciava carbone senza nessuna preoccupazione. Il punto è che, per essere un po’ meno impattanti, è possibile scegliere di fare alcune azioni anziché altre. Quindi quello che possiamo chiederci è: quali scelte sono state fatte? Con quali criteri agisce una determinata realtà? Quali sono le reali conseguenze di un’azione sull’ambiente e quali guadagni ne derivano?”.
Tenendo a mente questo concetto possiamo ad esempio diffidare di chi racconta di essere 100% green: sta evidentemente nascondendo qualcosa.


4. Sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale
G: La sostenibilità non è un discorso che fa riferimento esclusivamente all’ambiente. C’è anche un aspetto riguardante la sostenibilità sociale che è altrettanto importante. Infatti uno dei danni maggiori del cambiamento climatico è la disuguaglianza sociale. Sono proprio le popolazioni più povere e svantaggiate a pagare per prime il prezzo di siccità, deforestazione, innalzamento delle temperature…”.
Questo ragionamento ci dà un’altra chiave di lettura per comprendere se una realtà è realmente sostenibile. Se per esempio un’azienda pubblicizza il suo impegno nel piantare alberi nella periferia cittadina, ma al suo interno i collaboratori non hanno compensi equi e vivono una situazione di precariato, l’attività di piantare qualche albero è sicuramente semplice greenwashing, non rappresenta un vero impegno etico verso l’ambiente (inteso in modo ampio, come la rete sociale e “biologica” in cui la realtà è inserita).


5. La storicità dell’impegno alla sostenibilità è sinonimo di credibilità
Un altro indizio utile per orientarci nel mare del greenwashing è la storicità dell’impegno verso la sostenibilità. Più l’impegno di un’azienda verso la sostenibilità è stabile e duraturo nel tempo, più crescono le possibilità che sia davvero un valore reale e fondante.
G: L’impegno reale e duraturo nel tempo paga, anche come ritorno economico. Le attività di greenwashing hanno lo stesso destino delle menzogne, hanno un ritorno solo nel breve periodo ma a lungo andare si perdono. A parlare resteranno solo le aziende che hanno dimostrato la loro serietà, senza scorciatoie”.